Vulnologia

Dott.ssa Valentina Gioacchini

Infermiera specialista in Vulnologia

Dopo aver conseguito la Laurea in Scienze Infermieristiche presso l’Università di Modena e Reggio Emilia (sede Reggio Emilia) nell’anno 2012, ho terminato nel 2017 il Master di Specializzazione in Wound Care (ferite Difficili) presso l’università di Pavia, per una preparazione più specifica riguardo al trattamento di ulcere croniche. Il tirocinio formativo per conseguire la specializzazione è stato svolto in parte presso l’ambulatorio vulnologico dell’ospedale San Matteo di Pavia e in parte presso l’ambulatorio Ferite Difficili del Policlinico di Modena.

Ho lavorato presso una casa di cura privata-convenzionata di Modena nel reparto di Chirurgia Ortopedica e Riabilitazione in cui ho prestato la mia assistenza ai degenti, potendo affiancare medici qualificati nelle visite quotidiane, mi sono occupata della registrazione dei parametri vitali dei pazienti e della somministrazione della terapia.

Successivamente, ho lavorato per sei anni in un poliambulatorio privato, nel quale ho svolto attività infermieristiche ambulatoriali (prick test, patch test, rimozione punti di sutura e medicazioni) anche in qualità di referente del punto prelievi e strumentista di sala operatoria ambulatoriale (in ambito dermatologico, urologico e vascolare).

 

Come libera professionista mi dedico alla attività infermieristica specialistica: assisto e tratto persone portatrici di ulcere croniche di varia natura, da quelle vascolari a quelle da pressione, piede diabetico e ulcere reumatiche.

Utilizzo medicazioni avanzate e, nel caso sia necessario, applico bendaggi compressivi mono strato o multistrato.

Chi é lo specialista in vulnologia (formazione e ambito professionale)

Lo specialista in Vulnologia o Wound Care è un infermiere laureato in scienze infermieristiche che ha proseguito gli studi universitari conseguendo il titolo di Specialista alla fine di un Master universitario di primo livello della durata di uno / due anni. Questa specializzazione lo porta ad essere esperto di lesioni cutanee, ulcere croniche.

Lo specialista in Vulnologia, però, non valuta e si occupa solo della lesione, ma è in grado di fornire risposte di tipo educativo, clinico e assistenziale riguardanti la persona nel suo insieme, mette in atto una presa in carico globale della persona (patologie, stili di vita, comunità che lo circonda…).

Per fare tutto ciò lo specialista in Vulnologia collabora con altri professionisti medico-sanitari in un team multidisciplinare: medici specialisti in chirurgia vascolare, dermatologia, reumatologia, cardiologia e altre figure professionali sanitarie come fisioterapisti e podologi.

 

Cosa fa, cosa tratta l’infermiere specialista in Vulnologia, di quali ferite si occupa?

Lo specialista in Vulnologia si trova a valutare e trattare varie tipologie di ferite che sono tutte accomunate dalla tendenza ad essere “difficili da guarire” o addirittura sono lesioni che diventano croniche cioè che permangono per più di sei settimane. Le lesioni più comuni sono quelle di origine vascolare degli arti inferiori e quelle da pressione, chiamate più comunemente ulcere da decubito. Poi c’è l’ampia porzione di popolazione diabetica che può presentare la complicanza del cosiddetto piede diabetico. Esistono altri svariati tipi di lesioni:post-traumatiche, ustioni, deiescenze di ferite chirurgiche (ferite chirurgiche che si aprono), ulcere cutanee reumatologiche, lesioni neoplastiche.

Sono davvero tante e, per questo, il giusto inquadramento diagnostico (inquadramento all’interno della giusta “famiglia di lesioni”) che avviene grazie anche al lavoro in equipe, risulta fondamentale per intraprendere il corretto percorso terapeutico.

Gli obiettivi possibili del percorso terapeutico possono essere due: la guarigione o il mantenimento della migliore qualità di vita possibile: sì, alcune ulcere non sono destinate a guarire (come quelle di tipo neoplastico ad esempio), per cui l’obiettivo, in questo caso, non è la chiusura dell’ulcera ma deve essere una buona qualità di vita che permetta alla persona di proseguire con la propria quotidianità nel migliore dei modi possibile.

Per le altre tipologie di ferite, quelle che hanno possibilità di chiusura, il percorso terapeutico è comunque un percorso lungo (si parla di qualche mese di trattamento) che prevede il cambiamento di tipologia di medicazione in base alla fase di guarigione e caratteristiche che la lesione presenta.

 

Come si svolge il primo incontro con lo specialista in Vulnologia? E in quelli successivi?

Durante la presa in carico, come infermiera specialista valuto il pazinte, con particolare attenzione al dolore, alla nutrizione e alle comorbilità, esamino la lesione utilizzando la scala di valutazione appropriata e cerco di stabilire con la persona un rapporto di collaborazione: indagando le sue perplessità e definendo insieme semplici obiettivi da raggiungere tenendo conto anche delle sue priorità.

L’esame della ferita continua con la valutazione di: sede/localizzazione, dimensioni, tipo di tessuto, quantità e tipo di essudato, segni locali di infezione, stato della cute perilesionale, tratti sottominati. La lesione viene fotografata e misurata.

Una volta esaminati tutti i parametri sopra elencati, decido il percorso terapeutico da intraprendere, ovvero dopo aver lavato e pulito la lesione individuo quale elemento della ferita deve essere trattato per primo (necrosi, infezione, fibrina, riepitelizzazione), si procede per step: si risolve di volta in volta il problema prevalente.

Gli incontri successivi al primo prevedono sempre la valutazione della lesione e la sua pulizia e la finale medicazione. Non tutte le sedute di medicazione saranno uguali tra loro: si cambierà tipologia di prodotto applicato e si opterà per l’applicazione di un bendaggio o meno.

La scelta della medicazione avanzata più adeguata alla fase di guarigione della ferita, viene fatta tra le varie una vasta gamma di medicazioni esistenti: dalla semplice garza di cotone a quelle che contengono argento che ha proprietà antibatteriche, alle schiume di poliuretano che hanno capacità di assorbimento di essudato, altre a quelle composte da fibre che a contatto con la ferita gelificano, diventano cioè gelatinose garantendo un’ottima conformazione sul letto di ferita, e così via.

Anche il capitolo bendaggi è molto ampio, esistono svariate tipologie di bende e di metodologie di bendaggio: esistono bende elastiche più o meno alte ed estensibili, esistono bende all’ossido di zinco (eccellenti per il trattamento di gambe particolarmente infiammate, ad esempio), si possono confezionare bendaggi mono o pluri-strato. Tutto dipende dal motivo per cui si decide di bendare. Chi sono le persone che maggiormente incontro con la mia professione specialistica?

Premesso che mi occupo di persone di qualsiasi età, mi è capitato di medicare bambini di pochi anni come anziani più che novantenni, le persone che maggiormente si ritrovano portatrici di lesioni sono gli anziani.

Abbiamo sentito parlare tanto durante questi anni di pandemia di “soggetti fragili”, ecco proprio loro costituiscono i maggiori portatori di ferite croniche.

Le motivazioni sono tante, sicuramente il tempo che passa è una costante che porta ad un indebolimento e rallentamento della fisiologia con cui tutti dobbiamo fare i conti. A questa si aggiunge la storia clinica di ciascun soggetto, e, le persone avanti in età, spesso, soffrono di più patologie contemporaneamente: ipertensione, diabete, disturbi cardiovascolari, artrosi, patologie respiratorie, eccetera. Tutto ciò comporta la necessità di una poli-terapia, ovvero della necessità di assumere più farmaci nell’arco della giornata: alcuni di essi hanno conseguenze sulla facilità di insorgenza di lesioni e anche di rallentamento della guarigione delle ferite.

 In questi due anni, inoltre, si sono aggiunte le complicanze dovute al Covid-19: conseguenze cliniche causate dal virus, ma anche ripercussioni sul movimento e lo scambio sociale dovute alla necessità di non uscire dal proprio domicilio per la sicurezza comunitaria.

Infine, incontro persone che per deficit motori sono allettate o scarsamente deambulanti: l’immobilità stessa è causa della formazione di lesioni da pressione (chiamate in passato ulcere da decubito), ulcere dolorose, spesso estese e di lenta guarigione: direi rappresentino la mia sfida più grande.

 

 

Dove e quando avviene l’incontro con l’infermiere specialista?

La tendenza è quella di andare incontro alle esigenze della persona portatrice di lesioni. Inutile dire che in certi casi la lesione stessa è causata da una condizione di allettamento, dunque la persona è impossibilitata a effettuare spostamenti, di conseguenza la prima consulenza e le successive medicazioni avverranno presso il domicilio della persona stessa.

Diverso è il caso in cui la persona è deambulante o comunque abbia la possibilità di uscire dal proprio domicilio, ecco che gli incontri con me si terranno in ambulatorio: luogo maggiormente idoneo ad effettuare medicazioni per salubrità, confort e disponibilità di attrezzature, nonché per la possibilità di effettuare nella stessa seduta anche consulenze specialistiche mediche e sanitarie.

La frequenza delle sedute è da stabilire in base alle innumerevoli variabili che entrano in gioco: caratteristiche della ferita, capacità della persona di automedicarsi, presenza di care-giver in grado di seguire le indicazioni di trattamento ricevute durante gli incontri con me, possibilità di reperire e/o gestire il materiale avanzato necessario, tolleranza della medicazione effettuata ecc… Diciamo che, nella maggioranza dei casi, almeno due incontri settimanali sono necessari, ma come già detto, possono diminuire a uno soltanto come posso aumentare a tre-quattro.

Ci tengo a sottolineare come il corso del trattamento delle ferite difficili sia dinamico sotto svariati aspetti: la frequenza delle sedute (possono essere molto frequenti e ravvicinate all’inizio per poi diradarsi, o viceversa), il cambio della tipologia della medicazione (la medicazione utilizzata inizialmente non sarà mai utilizzata fino alla guarigione, ma saranno tante medicazioni differenti ad alternarsi) e la durata del trattamento.

Ecco, sulla durata del trattamento voglio spendere due parole in più. Nella maggior parte dei casi mi trovo a gestire ferite croniche, ovvero ferite che sono presenti da più di sei settimane; capitano anche ferite acute come quelle chirurgiche o post-traumatche che si risolvono in poche settimane, ma purtroppo, sono la minoranza. Ciò significa che il percorso di trattamento di una lesione cronica “è normale” che abbia una durata di qualche mese: la tempistica non dipende solo dalle capacità dello specialista ma anche dalle caratteristiche della persona, dalle patologie di cui è portatrice e dalla sua adesione-compliance alla terapia.

 

Da settembre una importante novità per Modena: un macchinario ad ultrasuoni che facilita la pulizia della ferita.

Dopo l’estate disporrò di un macchinario non ancora presente a Modena: si tratta di Surgysonic, un macchinario ad ultrasuoni che permette di ripulire le ulcere da necrosi, fibrina e batteri, con dolore minimo, riducendo i tempi di guarigione.
Gli ultrasuoni derivano da un processo di trasformazione dell’energia elettrica in vibrazioni meccaniche. Le punte del macchinario amplificano le vibrazioni meccaniche e trasferiscono l’energia sulla superficie della ferita, sul perilesionale e sui tessuti sottostanti per mezzo di un contatto diretto. Questo permette una pulizia profonda del letto della ferita, cosiddetta “sbrigliamento”, e microcavitazione.

Lo strumento non solo è di facile uso, ma, essendo trasportabile al domicilio del paziente, permette di assicurare il trattamento anche alle persone con mobilità limitata.

Può essere impiegato per il trattamento di tutte le ferite difficili: piede diabetico, ustioni, ulcere arteriose e venose, lesioni da pressione, con importanti vantaggi per il paziente come la riduzione e gestione del dolore, riduzione dell’ essudato, riduzione del numero di trattamenti e del tempo di debridement.

DOTT.SSA vALENTINA gIOACCHINI

RICHIEDI INFORMAZIONI